LA “MADONNA AVVOCATA” DI PALAZZO BARBERINI
La “Madonna Avvocata” (“Haghiosoritissa”) di Palazzo Barberini (XI-XII secolo) presenta tutte le caratteristiche tipiche dell’arte sacra medioevale, la quale affonda le sue radici nell’arte tardo-antica, sia pagana, sia paleocristiana, che deriva a sua volta dalla cosiddetta arte romana “plebea”.

Mi riferisco in particolare alla stilizzazione della figura. Si notino le pieghe del collo di Gesù e il triangolino presente fra le sopracciglia di Maria.
Ovviamente, la stilizzazione, insieme alla fissità ieratica delle figure e alla bidimensionalità, raggiunse la sua massima espressione e codificazione nell’arte bizantina, che influenzò profondamente l’arte italica fino alla fine del Duecento ed oltre.
A parte questo, bisogna anche considerare alcune caratteristiche proprie della cosiddetta “Scuola Romana”, che in effetti rappresenta la continuità, mai venuta meno, con il retaggio dell’arte romana antica. La critica ha notato, infatti, una “ricerca monumentale tipicamente romana” (Vodret).
Sitografia:
http://www.latheotokos.it/modules.php?name=News&file=print&sid=523
http://theartgalleryintheworld.blogspot.com/2017/11/scuola-romana-seconda-meta-del-xii.html?m=1
https://massolopedia.it/arte-mediovale/
https://massolopedia.it/arco-di-costantino/
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Arte_plebea
Bibliografia:
L. Mochi Onori, Rossella Vodret, “Palazzo Barberini”, ed. Gebart 1998, p.16
IL PALAZZO FARNESE DI CAPRAROLA
La forma pentagonale del palazzo è dovuta al fatto che inizialmente era stato concepito come una fortezza. Il progetto iniziale era stato affidato dal cardinale Alessandro Farnese il Vecchio (il futuro papa Paolo III) all’architetto Antonio da Sangallo il Giovane. Il progetto non potè essere pienamente realizzato per una serie di motivi e in particolare per l’elezione del cardinale al soglio pontificio nel 1534 e per la morte del Sangallo nel 1546.
Il cardinale Alessandro il Giovane, nipote di Paolo III (nel senso che il papa era suo nonno), riprese il progetto e lo affidò a Jacopo Barozzi detto il Vignola. I lavori ripresero nel 1559. Venne mantenuta la pianta pentagonale, ma la destinazione d’uso venne radicalmente modificata: da fortezza difensiva, concepita probabilmente, secondo lo studioso Luciano Passini, subito dopo il tremendo Sacco di Roma del 1527, a palazzo di rappresentanza.
Nell’insieme, appare evidente il carattere un po’ ibrido della struttura, elegante e possente nello stesso tempo, che proprio per questo si presenta originale e affascinante.
Forse la soluzione più interessante del Vignola è data dal rapporto tra il palazzo e il centro abitato. L’architetto realizzò una strada diritta relativamente stretta che collega il Borgo al Palazzo, al quale si arriva percorrendo la salita. Solo verso la fine si offre in pieno alla vista la maestosa e solida struttura. In tal modo l’effetto scenografico esprime in modo perfetto lo stretto rapporto che doveva legare Caprarola alla famiglia Farnese.
Alla morte del Vignola (1573) il palazzo era completato. Ulteriori lavori e perfezionamenti, con particolare riferimento agli stupendi giardini “all’italiana”, andarono avanti anche dopo la morte del cardinale Alessandro Farnese (1589) fino alla prima metà del Seicento.
LA PITTURA VASCOLARE GRECA – SINTESI GENERALE
È una gravissima sciagura per l’intera umanità la perdita quasi totale della pittura greca.
Conosciamo solo indirettamente i nomi degli artisti e le loro opere straordinarie.
Per questo motivo, l’importanza della cosiddetta pittura ‘vascolare’ greca, cioè della pittura sui vasi, detta anche ‘ceramografia’, è enorme sul piano storico-culturale, oltre che su quello puramente estetico.
Per fortuna, della pittura vascolare sono rimaste tantissime testimonianze, che si possono ammirare nei musei di tutto il mondo. Ma i ritrovamenti continuano, come continua, purtroppo, anche il commercio clandestino di queste opere, che dovrebbero invece essere custodite in appositi spazi per dare a tutti la possibilità di guardarle e di capirle.
Dopo la crisi della civiltà ‘palaziale’ micenea e l’inizio del cosiddetto ‘medioevo ellenico’, la ceramografia greca si sviluppa e si evolve in un arco di tempo molto lungo, approssimativamente tra l’undicesimo ed il sesto secolo a. C., e si può dividere in cinque periodi:
PROTOGEOMETRICO;
GEOMETRICO;
ORIENTALIZZANTE;
A FIGURE NERE;
A FIGURE ROSSE.
Lo stile ‘protogeometrico’ è caratterizzato da un totale astrattismo di pure linee dritte ed ondulate, moduli a scacchiera, cerchi concentrici. Si tratta di un geometricismo, però, che tende ad armonizzarsi con la forma dei vasi e che quindi produce un notevole effetto estetico. L’armonia tra il vaso e la pittura che lo ricopre rimarrà una caratteristica costante della ceramografia greca.
Lo stile geometrico è chiaramente il prodotto di un’evoluzione e di un perfezionamento del precedente. Le linee assumono forme più variegate e complesse. Compare il pattern del cosiddetto ‘meandro’, una linea che si spezza alternativamente nelle quattro direzioni, producendo forme particolari, tra cui possiamo citare la svastica.
Ma l’innovazione principale è la ricomparsa delle figure umane ed animali, sia pure estremamente stilizzate. La raffigurazione umana si basa, più o meno, sulle stesse convenzioni tradizionali della pittura egizia, come il busto frontale e le gambe di profilo.


Fra l’ottavo ed il settimo secolo a. C. si sviluppa a Corinto lo stile detto ‘orientalizzante’ perché fortemente influenzato dalla tradizione artistica del Mediterraneo orientale e dell’Egitto. Si tratta di un passaggio cruciale.
Compaiono le sfingi ed altri animali più o meno fantastici, ma la cosa più importante è che la figurazione in generale diventa più naturalistica. Si tratta di un passaggio evolutivo estremamente importante per lo sviluppo dell’arte greca in generale. Basti pensare all’importanza della statuaria egizia nella coeva formazione della scultura ellenica.

Fra il settimo ed il sesto secolo si sviluppa il cosiddetto stile a figure nere, dapprima a Corinto e poi nell’Attica. Il pittore dipinge di nero le figure che si stagliano sullo sfondo rossastro del vaso, incidendo all’interno dell’area dipinta le linee necessarie per i particolari ed i profili sovrapposti delle figure.
Da notare che le parti scoperte delle donne sono chiare e gli occhi sempre frontali anche se le figure sono di profilo (come in Egitto!).
Le figure sono piuttosto stilizzate, ma l’effetto estetico prodotto dal nero sul rosso e dall’armonia tra la pittura e la forma del vaso è davvero straordinario!
Si osservi attentamente la famosa anfora con la raffigurazione di Achille ed Aiace che giocano a dadi durante una pausa della battaglia, che si trova nei Musei Vaticani, opera (firmata) di Exekias:

In quest’opera semplicità e linearità raggiungono il sublime.
Verso il 530 a. C. si afferma ad Atene lo stile a figure rosse. Il pittore dipinge di nero quasi tutta la superficie, lasciando scoperte, e quindi rossastre, solo le parti delle figure, utilizzando un sottile pennello per definire i particolari. L’evoluzione è completa: le figure acquistano una naturalezza prima sconosciuta e compare una sia pur limitata forma di prospettiva.

Un discorso a parte merita l’evoluzione della pittura nell’età ellenistica.
LA CERAMOGRAFIA NEL MUSEO NAZIONALE ETRUSCO DI VILLA GIULIA
Sviluppo storico con particolare riferimento al territorio di Vulci
L’argomento è molto interessante e complesso nello stesso tempo.
Vediamo perché.
Ubicata nel territorio di Canino e di Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, Vulci è un’antica e importantissima città etrusca. Il pianoro sul quale sorse e si sviluppò, fino a diventare una potente e ricca città-stato, è attraversato dal fiume Fiora. Lo sviluppo marinaro e commerciale di Vulci avvenne grazie all’emporio commerciale di Regisvilla (Montalto di Castro), in cui affluivano dalla Grecia e dalle regioni del Mediterraneo orientale manufatti importantissimi. Gli scavi archeologici hanno infatti riportato alla luce un’enorme quantità di oggetti di straordinario valore estetico e storico-culturale, molti dei quali sono stati prodotti in loco. Fra le produzioni locali possiamo ricordare i famosi “buccheri”, ben rappresentati nel Museo di Villa Giulia.
Le necropoli di Vulci si trovano nelle località di Poggio Maremma, Cavalupo, Ponte Rotto, Polledrara, Osteria, Campo Maggio e Camposcala. Le tombe sono migliaia, di varie forme e tipologie. Possiamo citare il tumulo della Cuccumella (alto 18 metri e con un diametro di 70 metri), la Cuccumelletta, la famosissima Tomba François, la Tomba dei Tori e la Tomba della Sfinge.
Proprio Vulci, negli ultimi decennî dell’VIII sec. a.C., diventa uno dei più importanti e fiorenti centri di produzione della ceramica etrusco-geometrica, probabilmente da mettere in rapporto con artisti venuti dalla Grecia e stabilitisi nel territorio della città-stato. Nello stesso contesto ambientale arrivavano anche vasi d’importazione.
Tra l’VIII e il VII sec. a. C. (la cronologia esatta è discussa) l’influenza delle civiltà del Mediterraneo orientale si fa più evidente. Inizia infatti in quel periodo la fase artistica denominata “orientalizzante”, nella quale si può notare il superamento del geometricismo a favore di una figurazione nettamente più naturalistica.
Con la fase orientalizzante si conclude il processo per così dire formativo e proprio per questo estremamente interessante della pittura vascolare estrusca.
Nella seconda metà del VII sec. a. C. comincia la produzione di imitazione e adattamento della ceramica corinzia detta per questo etrusco-corinzia, che deve essere concepita come la fase più matura del periodo orientalizzante.
Nel periodo successivo inizia ad affermarsi la tecnica a figure nere basata anch’essa, fondamentalmente, sui modelli greci. In quest’ambito, particolare rilievo assume il gruppo di vasi ascrivibili al cosiddetto Pittore di Micali.
Nel Museo di Villa Giulia sono presenti anche meravigliosi esempi di ceramografia a figure rosse, nata ad Atene verso il 530 a. C e largamente importata e imitata in Etruria. Tra le opere presenti possiamo citare la famosa anfora a figure rosse del cosiddetto Pittore di Berlino, rinvenuta a Vulci anche se prodotta ad Atene intorno al 490 a. C., restituita all’Italia dal Metropolitan Museum di New York.
A parte ricordiamo anche le interessantissime statuette nuragiche del IX sec. a. C., una testimonianza dei rapporti di Vulci con la Sardegna, e le statue in nenfro.
Per approfondire:
http://www.villagiulia.beniculturali.it/
https://it.wikipedia.org/wiki/Vulci
https://it.wikipedia.org/wiki/Ceramica_etrusca#Etrusco-corinzio
http://www.treccani.it/enciclopedia/vulci_res-8c3d05c8-66c7-11e1-b491-d5ce3506d72e_(Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica)/A CERAMOGRAFIA NEL MUSEO NAZIONALE ETRUSCO DI VILLA GIULIA
ARTE MODERNA
I RAPPORTI TRA PSICOLOGIA E ARTE MODERNA
I rapporti tra psicologia ed arte moderna sono stretti e profondi, anche se non sempre espliciti.
Gli impressionisti rappresentano non la realtà, bensì la percezione della realtà.
Il “divisionismo” ed il “puntinismo” si basano sulle scoperte scientifiche relative alla percezione del colore.
Mentre la “psicologia del profondo” concentra la sua attenzione sugli aspetti non razionali della psiche (sogni, fantasie, lapsus, pulsioni inconsce), la produzione artistica abbandona definitivamente la rappresentazione razionale ed oggettiva della realtà a favore del mondo interiore e soggettivo.
L’astrattismo sviluppa i rapporti “sinestetici” tra suoni, linee e colori. Il futurismo rappresenta il movimento, il cubismo mostra gli oggetti come se fossero visti nello stesso momento da diverse angolazioni.
La pittura metafisica rappresenta un mondo onirico, in netto contrasto con la realtà oggettiva. Il dadaismo rende esplicito il complesso rapporto, psicologico e sociologico, che lega l’opera d’arte, l’artista, il critico ed il fruitore: qualsiasi cosa può essere arte, anche un oggetto comune, se lo si decide “a priori”.
Con il surrealismo il rapporto tra arte e psicoanalisi diventa esplicito. L’artista deve lasciarsi dominare totalmente dall’inconscio.
Nella seconda metà del Novecento tutte le residue convenzioni artistiche vengono abbattute. Non esiste più l’opera d’arte come oggetto chiuso e definitivo. L’arte diviene “evento”, “performance”, “trasformazione”, “provocazione”, “contaminazione”. Anche un animale vivo, o morto, collocato in una mostra, viene considerato opera d’arte purché sia in grado di suscitare emozioni “estetiche” (comprese le proteste degli animalisti). A volte non è chiaro se l’emozione estetica sia dovuta ad una caratteristica intrinseca dell’opera oppure alla provocazione pura e semplice. I critici d’arte sono divisi, si formano fazioni contrapposte. Il pubblico reagisce in modo vario, spesso con disappunto, ma in ogni caso viene dimostrato che tra la creazione artistica ed il fruitore esiste un rapporto estremamente complesso, nel quale intervengono componenti sociali, emotive, cognitive.
L’arte, non solo l’arte moderna, è sempre una provocazione. Ma certamente l’arte moderna ci pone di fronte ad una serie di problemi nuovi. La sua comprensione richiede un’analisi integrata di tipo psicologico, antropologico-sociale e filosofico.
Il “modello psicofisiologico” di Vezio Ruggieri può aiutarci a capire i processi psicologici (percezione, emozione, cognizione, immaginazione) che sono alla base di quel fenomeno fondamentale che si chiama “esperienza estetica”.
Concludo riportando un passo, che non richiede commento, della studiosa Anna-Carola Krauße: “Oggi l’arte non conosce confini [……….] Non vi è nulla che non esista, e persino il nulla può essere arte, se noi lo consideriamo tale.”
Arte medioevale
MEDIOEVO E ARTE MEDIOEVALE: UN PROBLEMA DI PERIODIZZAZIONE
Prima di parlare di arte medioevale sarebbe opportuno avere un’idea chiara di che cosa esattamente sia il Medioevo, soprattutto dal punto di vista cronologico.
Il concetto di Medioevo nasce nella prima metà del Quattrocento, nell’ambito della cultura che viene definita “umanistica”. Questo dato di fatto chiaro ed inequivocabile rende evidente l’inadeguatezza della periodizzazione convenzionale, che assegna alla scoperta dell’America, avvenuta com’è noto nel 1492 (peraltro all’inizio inconsapevolmente), il ruolo di spartiacque tra Medioevo ed Età Moderna.
Risulta chiaro che il Rinascimento, in tutti i sensi, è iniziato molto prima della scoperta dell’America. Anzi, è ovvio che se non ci fosse stato il Rinascimento non ci sarebbe stata la scoperta dell’America!
Problemi ci sono anche per quanto riguarda l’inizio del Medioevo e dell’Arte Medioevale.
In realtà, se il concetto di Medioevo (inteso come “età di mezzo” tra l’Antichità e il Rinascimento) è sufficientemente chiaro, lo stesso non si può dire per la sua esatta periodizzazione.
Su questo problema:
https://massolopedia.it/?page_id=4619
https://massolopedia.it/?page_id=4621
https://massolopedia.it/?page_id=5065
La caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476), convenzionale spartiacque fra Antichità e Medioevo, non ha stravolto la civiltà occidentale. Molto più grave, soprattutto sul piano psicologico, era stato l’impatto del Sacco di Roma di Alarico del 410. Cambiamenti radicali nella storia dell’arte non erano stati portati neppure dall’affermazione del Cristianesimo. Invece, è dimostrata ampiamente la continuità fra Tardo-antico, Paleocristiano e Medioevo. Anzi, per essere precisi l’arte tardo-antica si sviluppa contemporaneamente a quella paleocristiana.
Dunque come la mettiamo?
Possiamo comunque affermare, se non altro, che una pietra miliare precisa nel passaggio dall’arte antica a quella medioevale è costituita dal famoso fregio costantiniano che si sviluppa lungo i 4 lati dell’Arco di Costantino e che si contrappone nettamente ai rilievi del II secolo presenti nel monumento (datato di solito al 315):
Immagine tratta da Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Arco_di_Costantino
Particolarmente interessanti e significative sono la frontalità delle figure e l’assenza di spazialità e di prospettiva, caratteristiche che saranno tipiche dell’arte bizantina. Non si tratta di una novità vera e propria, visto che questi stilemi erano presenti da molto tempo in quella che viene definita “arte plebea”, diffusa soprattutto nelle province dell’Impero. https://massolopedia.it/?page_id=3100
IL CONCETTO DI ARTE
Prima di parlare di “arte” e di “storia dell’arte” bisognerebbe, almeno in teoria, avere nella mente un concetto di arte ben chiaro e definito. Ma la cosa non è facile.
Non esiste una definizione univoca ed universalmente valida dell’arte come tale. Non esiste e non credo possa o debba esistere. I più recenti e sconvolgenti sviluppi della cosiddetta arte moderna hanno dato luogo ad un feroce dibattito su questo tema.
Proviamo a partire dalla definizione di arte che troviamo in quelle che io considero le più importanti enciclopedie online, WIKIPEDIA e TRECCANI.
“Nella sua accezione odierna, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni e “messaggi” soggettivi. Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione.”
https://it.wikipedia.org/wiki/Arte
“arte In senso lato, ogni capacità di agire o di produrre, basata su un particolare complesso di regole e di esperienze conoscitive e tecniche, quindi anche l’insieme delle regole e dei procedimenti per svolgere un’attività umana in vista di determinati risultati. Il concetto di a. come tèchne, complesso di regole ed esperienze elaborate dall’uomo per produrre oggetti o rappresentare immagini tratte dalla realtà o dalla fantasia, si evolve solo attraverso un passaggio critico nel concetto di a. come espressione originale di un artista, per giungere alla definizione di un oggetto come opera d’arte.”
http://www.treccani.it/enciclopedia/arte/
Come si può notare, il problema è complesso.
Nel passato, il compito fondamentale di ciò che noi oggi chiamiamo arte era quello di trasmettere messaggi chiari attraverso un codice definito.
L’arte era soprattutto un mezzo.
Nell’arte moderna e contemporanea la situazione è cambiata: l’artista non deve più trasmettere un determinato messaggio perché il prodotto stesso della sua creatività è il messaggio!
GOTICO INTERNAZIONALE
Premesso che l’uso dell’espressione ‘arte gotica’ è a mio parere molto discutibile e addirittura fuorviante, si deve comunque dire che l’Europa ha conosciuto, verso la fine del Medioevo, (quindi proprio nel periodo del passaggio tra il Medioevo e il Rinascimento), una forma d’arte comune ed a questa viene dato il nome di ‘gotico internazionale’.
Questo stile, detto anche ‘fiabesco’ per le atmosfere incantate piene di belle ed eleganti principesse, si è sviluppato a partire dalla seconda metà del ‘300 e ha dominato per molti decenni in Europa mentre già in Italia si affermava la nuova arte del Rinascimento.
Non è facile stabilire l’origine di questa tendenza fortemente ‘estetizzante’ della pittura, che sotto molti aspetti anticipa addirittura l’art nouveau.
Sicuramente un passo decisivo verso l’affermazione di questo stile fu la concentrazione di artisti ad Avignone, dove i papi risiedettero per molti decenni fino al 1377. Tra questi pittori, particolarmente importante fu Simone Martini, il quale seppe creare una sintesi felice tra le tendenze della miniatura e della pittura nordeuropee e la tradizione della scuola senese.
Più che alla resa oggettiva della realtà, cui tendeva progressivamente l’arte italica soprattutto a partire da Pietro Cavallini e da Giotto, il gotico internazionale si caratterizza per la ricerca di un effetto estetico globale basato sulla stilizzazione della figura umana e su un cromatismo brillante.
Il gotico internazionale viene anche definito gotico ‘tardo’ proprio perché si è sviluppato in quel periodo particolare che lo storico Huizinga ha definito ‘autunno del Medioevo’.
In architettura non produsse innovazioni profonde, limitandosi a sviluppare all’estremo limite le tendenze tipiche di quello stile (impropriamente) denominato ‘gotico’ e che sarebbe più giusto definire ‘stile francese’. Un esempio di questo gotico tardo, detto anche ‘flamboyant’, è costituito dalla facciata della cattedrale di Rouen.
I più noti rappresentanti, nel campo delle arti figurative, del cosiddetto gotico internazionale sono i Fratelli Limbourg, artefici di alcune tra le più belle miniature di tutti i tempi, di cui possiamo vedere un esempio qui:
ARTEMISIA GENTILESCHI
Artemisia Gentileschi (1593-1653) non è stata soltanto una grande pittrice, pienamente meritevole di un posto nella Storia dell’Arte. La sua vita costituisce infatti un esempio di vero e proprio femminismo ante litteram, che però non deve essere interpretato in senso troppo moderno.
Oggi moltissime donne si dedicano alla pittura, ma alla sua epoca la cosa sembrava alquanto strana ed inquietante. Va anche precisato che in effetti non era il primo caso. Basterebbe citare Sofonisba Anguissola, che era stata apprezzata da Michelangelo ed era divenuta ritrattista della famiglia reale di Spagna.
Il caso di Artemisia è però più eclatante, anche perché fu protagonista di una vicenda drammatica che le diede grande notorietà. Ebbe infatti il coraggio di accusare di stupro il pittore Agostino Tassi, anche se il suo ruolo effettivo in tutta questa vicenda non è stato ancora chiarito. Non è dato sapere, in sostanza, se l’impulso principale sia partito dal padre, desideroso di difendere l’onore della famiglia, oppure da Artemisia stessa, offesa per le promesse non mantenute dal suo ‘stupratore’, che oltretutto era sposato….
Figlia d’arte (il padre era il noto ed importante pittore Orazio Gentileschi, formatosi nell’ambito del manierismo, ma poi fortemente influenzato da Caravaggio), Artemisia si dimostrò un talento precoce e poté avere (cosa rarissima per una donna) una formazione artistica presso la bottega romana del padre.
A quell’epoca (siamo nel periodo a cavallo tra ‘500 e ‘600) a Roma si trovavano artisti di prima grandezza, tra cui Michelangelo Merisi da Caravaggio. Il fatto di avere un padre pittore e di vivere a Roma in quel periodo straordinario compensò ampiamente lo svantaggio di essere donna in un mondo totalmente dominato dagli uomini. Lo stesso Caravaggio ebbe sicuramente una notevolissima influenza nella formazione della giovane pittrice.
Nonostante le difficoltà, Artemisia Gentileschi riscosse un grande successo, grazie ad uno stile personale che, partendo dalla fondamentale lezione paterna, sintetizzava le tendenze principali del suo tempo, nel quadro di una cultura artistica fondamentalmente barocca.
LA PITTURA NELL’EPOCA DI ARTEMISIA GENTILESCHI
Nell’ultimo ventennio del ‘500, a Roma, il manierismo impera e nello stesso tempo si afferma con Paul Bril il paesaggismo.
In generale, la Controriforma impone un concetto di arte intesa in senso pedagogico-devozionale. Tutte le arti hanno il compito di consolidare la Fede attraverso la rappresentazione degli Atti dei Martiri, antichi e moderni, e della Storia Sacra. Questa concezione pedagogica dell’arte trova la sua espressione tipica nella scuola manierista, a lungo bistrattata, ma dotata di una sua notevole modernità ed anche di un’indubitabile varietà, ora ampiamente riconosciute dalla critica. Un tipico esempio di manierismo unito alla devozione lo troviamo negli affreschi di S. Vitale:
https://massolopedia.it/s-vitale/
In questa sorta di “humus” manierista, aderente al dettato controriformista e nello stesso tempo a suo modo originale e persino “rivoluzionario”, si forma il padre di Artemisia.
Ma proprio negli ultimi 10-15 anni del secolo XVI si affermano tendenze nuove destinate a trasformare profondamente il panorama artistico. I Carracci fondano a Bologna una nuova scuola basata sulla riscoperta del disegno dal vero che soppianta progressivamente la ‘maniera’. A Roma arriva un lombardo che si chiama Michelangelo Merisi. La sua impostazione ideologica deriva direttamente dal cattolicesimo lombardo, al quale San Carlo Borromeo aveva dato un’impronta indelebile. Caravaggio rappresenta senza veli la dura realtà di un mondo caratterizzato dalla povertà e dal peccato: dopo decenni di manierismo imperante è una vera rivoluzione.
In linea generale, si può quindi dire che tra Cinque e Seicento il mondo della pittura viene sconvolto da un vero e proprio terremoto: il ritorno al naturalismo, sia pure con alcune importanti e decisive differenze tra la scuola bolognese dei Carracci ed il modello di Caravaggio. È significativo che proprio a Roma lavorano per un certo periodo sia Annibale Carracci, sia Caravaggio. Una coincidenza certo non casuale e di enorme peso storico.
Il naturalismo della scuola bolognese è più classicamente orientato e darà origine, fra l’altro, alla pittura raffinata di Guido Reni e del Domenichino.
Invece Caravaggio inventa un naturalismo veramente inusitato, aspramente realista e tragico, basato sulla rappresentazione degli umili e sul contrasto violento fra la luce e l’ombra, riflesso della sua visione della vita.
Ma all’inizio del secolo XVII arriva a Roma anche Pieter Paul Rubens, uno dei ‘padri’ del barocco! Roma è quindi, nell’epoca della prima formazione di Artemisia Gentileschi, una fucina d’arte pazzesca.
APPROFONDIMENTO STORICO-ARTISTICO
La vicenda del processo per stupro ed il fatto di essere donna in un mondo artistico totalmente dominato dagli uomini hanno fatto di Artemisia Gentileschi (1593-1652 o 53) una vera icona del femminismo.
Ma quale fu la sua autentica ‘poetica’ e quale posizione ha avuto effettivamente nella storia dell’arte?
Per poter dare un giudizio obiettivo bisogna evitare di farsi condizionare dall’eccezionalità della sua biografia.
Dobbiamo innanzitutto dire che visse in un’epoca veramente straordinaria per quanto riguarda la pittura. Artemisia vide il culmine e il lento tramonto del manierismo e fu testimone, certo non passiva, non solo della rivoluzione naturalistica compiuta da Caravaggio e dalla scuola dei Carracci, ma anche dell’affermazione del linguaggio barocco con Rubens e Pietro da Cortona!
Secondo Giulio Carlo Argan (STORIA DELL’ARTE ITALIANA, VOL. 3, SANSONI), la sua nota stilistica fondamentale consiste nel contrasto, ‘tipicamente barocco’, fra la bellezza e la morte. Ma se il sangue e la morte sono chiaramente segnati dall’impronta inconfondibile caravaggesca, prevale in Artemisia il ‘compiacimento letterario’ e manca l’angoscia autentica del Merisi.
Devo riconoscere che la lettura di Argan mi ha permesso di risolvere, almeno in parte, i miei dubbi e di collocare la grande pittrice in modo più preciso: Artemisia si forma, come il padre Orazio, nell’ambiente romano dominato dal Manierismo, ma viene molto presto fortemente influenzata dal naturalismo e dalla violenza tragica di Caravaggio per poi confluire, a modo suo, nel grande e variegato fiume del barocco.
Ma come dicevo, qualche dubbio rimane….
ALTRE OPINIONI SU ARTEMISIA: BAROCCA O CARAVAGGESCA?
Abbiamo visto che secondo Argan la peculiarità di Artemisia Gentileschi consiste nel contrasto ‘tipicamente barocco’ fra la bellezza da un lato ed il sangue e la morte dall’altro. Argan riconosce l’influsso caravaggesco, ma in senso puramente stilistico-formale perché manca nella pittrice romana il dramma umano autentico e profondo.
Ovviamente ci sono state e ci saranno altre interpretazioni.
Rispetto al padre Orazio, che fu il suo primo maestro e dal quale riprese molti temi, Artemisia appare nettamente più ‘caravaggesca’ nel senso del realismo e del contrasto fra luce ed ombra.
In linea generale, viene quasi sempre messa in rilievo dalla critica l’impronta di Caravaggio, ma a mio parere, sulla scorta della lezione di Argan, non si deve esagerare in tal senso.
In verità, una parte dei critici tende ad enfatizzare il peso della vicenda dello ‘stupro’ e del processo e quindi a vedere nella pittura di Artemisia il riflesso del suo personale dramma umano. Di questo passo, però, si rischia di arrivare ad una specie di interpretazione ‘eroica’ e quasi preromantica della sua pittura: espressione artistica di una titanica lotta contro lo strapotere maschile!
A prescindere dal dramma esistenziale reale, su cui si è molto discusso e si discute ancora, secondo me la collocazione giusta della sua personale ‘poetica’ è all’interno della corrente storico-culturale barocca.
Il punto cruciale è valutare quanto sia stata forte l’influenza di Caravaggio sulla pittura ed in generale sull’arte barocca, ma questo è un altro discorso.
L’ARTE DI ARTEMISIA E LA VICENDA DELLO STUPRO
Artemisia Gentileschi (o Lomi, il cognome del padre Orazio, mentre Gentileschi è il cognome della madre del padre) non è molto facile da collocare in una ‘scuola’ precisa.
In linea generale, possiamo dire che alcuni la considerano ‘caravaggesca’, altri più nettamente ‘barocca’.
Il problema, secondo me, nasce dal fatto che la sua formazione avvenne in un’epoca caratterizzata da una grande varietà di correnti. Inoltre, bisognerebbe anche osservare che quella barocca è una scuola le cui radici sono piuttosto varie e complesse: Correggio, il Manierismo, Rubens, lo stesso Caravaggio…..
Accolgo pienamente il già citato giudizio di Argan: Artemisia rappresenta il contrasto ‘tipicamente barocco’ fra la bellezza e la morte; inoltre, manca nella pittrice romana l’autentica angoscia esistenziale del grande maestro lombardo.
Ribadisco anche che in generale i critici concordano su un punto: sia Orazio Gentileschi, sia la figlia furono fortemente influenzati da Caravaggio, ma in Artemisia il realismo è nettamente più aspro e più drammatico il contrasto chiaroscurale.
Il legame con il padre è comunque molto evidente, se non altro per la ripresa dei temi.
Un altro punto da mettere in rilievo è il peso reale della scabrosa vicenda dello ‘stupro’ nella sua opera. La vicenda non è stata del tutto chiarita, ma comunque Artemisia dimostrò un notevole coraggio continuando a sostenere l’accusa contro il suo stupratore, il pittore amico del padre Agostino Tassi, anche sotto tortura.
Non credo che sia corretto, comunque, interpretare tutta la sua opera come il riflesso di un bisogno di rivalsa e addirittura di vendetta, anche se in alcuni casi può sembrare evidente (si veda Giuditta che taglia la testa di Oloferne).
Sta di fatto che la protagonista assoluta delle sue tele è la donna: dalla lasciva Danae all’eroica Giuditta, dalla sensuale Cleopatra alla Maddalena penitente, le sue tele sono un completo ‘campionario’ delle varie e contraddittorie sfaccettature dello stereotipo femminile.
Atemisia fu indubbiamente una grande pittrice, capace di virtuosismi tecnici e d’introspezione psicologica. Per ottenere successo, seppe adattarsi, ma in modo non certo superficiale, alle richieste ed ai bisogni dei diversi ambienti in cui si trovò ad operare.
Per approfondire:
https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_ad_Agostino_Tassi_per_lo_stupro_di_Artemisia_Gentileschi
http://www.softrevolutionzine.org/2014/il-processo-per-stupro-nel-600-il-caso-di-artemisia-gentileschi/
http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/artemisi.htm
http://www.artemisiagentileschi.net/stupro.html
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Artemisia_Gentileschi
Si veda anche:
Giulio Carlo Argan, Storia dell’Arte Italiana, vol. 3, Sansoni, p. 290