BRESCIA: DADA 1916. LA NASCITA DELL’ANTIARTE.

Nel centenario della nascita del Dadaismo, il Museo di Santa Giulia di Brescia ospita una mostra dedicata a questo movimento artistico, che ha influenzato profondamente tutta la cultura europea del XX secolo.
Il Dadaismo è stato effettivamente la più radicale avanguardia del ‘900 perché ha messo in discussione tutte le categorie tradizionali della storia dell’arte e della cultura in generale. Ha negato e sbeffeggiato il concetto del ‘bello’. Ha introdotto un nuovo modo di concepire la creatività dell’artista. Ha stabilito la possibilità di considerare arte tutto ciò che si vuole considerare tale senza alcuna limitazione. Ha sancito il dominio assoluto dell’irrazionale.
Nato in Svizzera, paese neutrale, nel pieno della Grande Guerra, il Dadaismo è nato come movimento di rottura radicale con tutte le convenzioni della società europea, colpevoli di aver trascinato il mondo nella catastrofe.
Alla follia razionale della guerra, negazione estrema della vita e della libertà individuale, il Dadaismo opponeva il valore salvifico della stravaganza anarchica e dell’umorismo.
Nessuno può dire che cosa significhi esattamente la parola ‘dada’: anche questo è anarchia!
Fino al 26 febbraio.

 

Botero a Roma

Dal 21 maggio al 30 settembre, nel Complesso del Vittoriano, ci sarà la possibilità di conoscere meglio l’arte del famoso pittore e scultore colombiano Fernando Botero Angulo (1932).
La ricerca formale di Botero è molto personale. Caratteristica essenziale e ben nota della sua poetica è la forma rotondeggiante e dilatata delle figure, che per questo ci appaiono talmente ‘obese’ da risultare quasi irreali. Da questo punto di vista si può quindi dire che il  concetto formale di Botero è molto vicino a De Chirico ed alla pittura metafisica.
L’insistenza su questo tipo di figurazione può sembrare a volte un pochino ripetitiva, ma risponde comunque ad una precisa esigenza interiore dell’artista e contribuisce a creare un effetto di ‘straniamento’ nell’osservatore. Pertanto, possiamo dire che la sua opera è molto ‘moderna’ nel senso più profondo del termine, anche se rifiuta la ricerca dello ‘shock’ e della provocazione tanto diffusa nel panorama artistico contemporaneo.

ARTURO DAZZI

Arturo Dazzi (1881-1966) ebbe come scultore una formazione basata soprattutto sullo studio del rinascimento italiano. Dopo aver aderito alla tendenza verista, al liberty ed alla metafisica, Dazzi negli anni ’20 si orientò decisamente verso il cosiddetto ‘ritorno all’ordine’, un movimento che tendeva al recupero dei valori formali e plastici della tradizione italiana e che portò alla nascita del gruppo ‘Novecento’.
La tendenza alla compattezza ed al monumentalismo, tipica di quest’autore, ovviamente piacque molto al regime fascista. L’esempio più famoso di questo stile è il cosiddetto Colosso di Brescia, una statua alta più di 7 metri che doveva celebrare l’era fascista. Posta in Piazza della Vittoria, la statua fu dopo il crollo del regime per ovvie ragioni politiche rimossa (ma non distrutta: è conservata in un deposito comunale).
Dazzi fu molto famoso anche per la  sua produzione ‘animalistica’, in cui risaltava la solida formazione naturalistica a contatto con le opere del rinascimento. Fu anche molto apprezzato come pittore. Nella solidità delle forme dei suoi dipinti è possibile notare una costante ricerca di valori plastici.
Nonostante lo svantaggio politico-ideologico del legame privilegiato con il regime fascista, le indubbie qualità artistiche del Dazzi emersero anche dopo la guerra. Egli continuò la sua opera mantenendo il contatto con le tendenze dell’arte moderna, pur rimanendo comunque sempre decisamente legato alle tradizioni formali.
Al Casino dei Principi di Villa Torlonia fino al 29 gennaio.
http://www.treccani.it/enciclopedia/arturo-dazzi_(Dizionario-Biografico)

ANTONIO LIGABUE OVVERO LA NASCITA DELL’ARTE NAIF

Che cosa vuol dire esattamente arte naïf?
Ci viene in aiuto l’enciclopedia wikipedia:
‘Per arte naïf  (dal francese   naïf , ossia “ingenuo”) s’intende un certo tipo di produzione artistica  priva di legami con la realtà culturale e accademica  della società in cui è prodotta’ (it.m.wikipedia.org/wiki/).
La definizione essenziale ci serve a collocare concettualmente la produzione di Antonio Ligabue (1899-1965), anche se ovviamente non è sufficiente per capire il valore specifico di questo grande artista isolato.
La vita di Antonio Ligabue fu travagliata da frequenti crisi nervose (con conseguenti  ricoveri in manicomio), sicuramente dovute in gran parte ad un’infanzia difficile (era figlio di padre ignoto).
Iniziò a dipingere negli anni ’20, ma soltanto negli anni ’50 la sua arte ottenne riconoscimenti importanti.
Ligabue è noto soprattutto come pittore di animali. Dipingendo gli animali con colori violenti e pennellate grossolane (non aveva ricevuto alcuna formazione accademica), riusciva ad esprimere ed a sublimare tutta l’aggressività che sentiva dentro nei confronti di un mondo che era stato duro con lui fin dall’infanzia. Infatti del mondo animale metteva in rilievo soprattutto l’aggressività e la forza selvaggia.
Diceva di sapere come gli animali erano veramente fatti ‘dentro’ e questo modo di dipingere gli permetteva di mostrarlo.
Per questo la sua arte si pone in modo evidente nella tendenza ‘espressionista’.
Al Complesso del Vittoriano fino all’8 gennaio.

350 ANNI DI CREATIVITÀ

Fino al 15 gennaio sarà possibile ammirare le opere che vari artisti francesi -tra cui Fragonard ed Ingres- hanno prodotto durante il loro soggiorno romano presso l’Accademia di Francia, fondata da Luigi XIV, il Re Sole, nel 1666.
Da 350 anni l’Accademia consente ai migliori artisti francesi di completare la loro formazione a Roma, la città che offre un patrimonio artistico e storico unico al mondo.
Dal 1803 la sede dell’Accademia è Villa Medici, un complesso residenziale costruito nella seconda metà del Cinquecento dagli architetti Annibale Lippi e Bartolomeo Ammannati.
http://www.villamedici.it/it

http://www.romeguide.it/?pag=mostre&lang=it&tmo=&idmos=6379